"A Reality on the world"

Esistono diversi tipi di realtà all'interno del nostro Mondo. Diversi punti di vista e contesti. Diversi sono i Paesi e i popoli. E certe storie regalano brezza lieve di nuova conoscenza. Là, dove non è possibile conoscere ogni angolo di questa Terra, è però possibile comunicare visioni e sfaccettature, a chi sarà interessato a leggerne le storie.

2008/04/30

Esegesi è Eslege

Esegesi è Eslege

Breve e intenso,

piccante e accaldante,

puro e perverso,

geniale e tagliente,

mentale e istintivo,

potente e vibrante.

L'attimo di odio che è in me




Spinoza: 'noi non cerchiamo, vogliamo, appetiamo una cosa perché riteniamo che sia buona; ma, al contrario, noi giudichiamo buona una cosa perché la cerchiamo, la vogliamo, la appetiamo e la desideriamo'.


Pittoni: Annibale giura odio ai romani


La tela del pittore Giovan Battista Pittoni (1687-1767), conservata alla Pinacoteca di Brera di Milano, ricostruisce l'episodio riportato dallo storico latino Tito Livio, secondo il quale il futuro condottiero cartaginese, a nove anni, venne indotto dal padre, Amilcare, a giurare sulle sacre reliquie eterna inimicizia al popolo romano. Annibale mantenne il giuramento, e solo al termine di una guerra durata quasi vent'anni, nella battaglia di Zama (202 a.C.), fu sconfitto e costretto alla fuga.


Link… scrivo come linko e linko come scrivo…

Pagine digitali mi costringono a digitare strumenti diversi dalla ordinaria scrittura manuale… strumenti che agevolano il flusso dei pensieri, velocizzati da impulsi autoindotti…

Crass" AngelsWhat a shame so what…" è amplificata da cuffie Sony con auricolari che abbracciano orecchie.

Uno degli earphone è muto

Meglio la tromba di Eustachio o l'orecchio di Dionisio?

Crass- Berkertex Bribe ???!??

L'orecchio di Dionisio ha una perfetta tromba di Eustachio

Mercurio aveva le ali ai piedi… rappresentazioni di antichi romani divinizzati in pannelli di pietra.

Eustachio suona quasi un nome cartaginese, invece è un nome italiano anche se non "romano".

Eustachio, Bartolomeo (San Severino Marche, Macerata 1500 ca. - 1574), medico italiano, tra i fondatori dell'anatomia moderna. Fu professore di medicina alla Sapienza di Roma e medico personale del cardinale Giulio della Rovere. Condusse una serie di ricerche sulla struttura anatomica di denti, orecchi, reni, ghiandole surrenali, utero, nervi del cranio e muscoli del capo e del collo. È noto soprattutto per la descrizione della tromba uditiva, denominata in suo onore tromba di Eustachio. Tra le sue opere si ricordano le Tabulae anatomicae, completate nel 1552, ma pubblicate solo nel 1714.

Sua pazienza e sforzo per guadagnarsi merito presso Dio

Dice Iddio altissimo: "... e poi lottarono per la causa di Dio, e pazientarono, e il tuo Signore è perdonatore e clemente" . Io lo vidi nella piana di Acri, colto da una malattia quanto mai penosa per una quantità di pustole spuntategli tra la vita e le ginocchia, in modo che non poteva mettersi a sedere ma stava giacente sul fianco quando era nella sua tenda, e gli era impossibile farsi servire il cibo non potendo sedersi, onde ordinava che venisse diviso tra i presenti. Con tutto ciò, se ne stava nella tenda da campo in prossimità del nemico, aveva disposto le sue truppe in ala destra sinistra e centro, in schieramento di battaglia, ed era a cavallo dalla prima mattina alla preghiera del mezzogiorno, e dal primo meriggio al tramonto, ispezionando i battaglioni e resistendo al dolore che gli dava la pulsazione di quegli ascessi. A me che me ne stupivo, diceva: "Quando monto a cavallo, mi cessa il dolore finché non smonto"; un vero effetto di Provvidenza divina!

Si ammalò che eravamo a Kharruba, e aveva dovuto abbandonare Tell el-Hagial per quella sua malattia. Ciò saputo, i Franchi uscirono per infliggere qualche colpo ai Musulmani. Fu quello l'episodio del fiume: il nemico fece un primo giorno di marcia fino ai pozzi sotto il Tell. Saladino ordinò di far arretrare i bagagli dalla parte di Nazaret, e siccome 'Imàd ad-din signore di Singiàr era anche lui malato gli permise di ritirarsi coi bagagli, rimanendo lui fermo al suo posto. Il secondo giorno, il nemico mosse ad affrontarci, ed egli, pur sofferente com'era, ordinò l'esercito per la battaglia: pose all'ala destra al-Malik al-'Adil, alla sinistra Taqi ad-din, e i suoi figli al-Malik az-Zahir e al-Malik al-Afdal al centro. Egli stesso si pose dietro al nemico per attaccarlo. Appena sceso dal Tell, gli fu condotto un Franco catturato dell'esercito nemico; ed egli, offertogli di abbracciare l'Islàm, ordinò al suo rifiuto di tagliargli la testa, ciò che fu fatto in sua presenza. Il nemico si mise in marcia, e ogni volta che avanzava cercando raggiungere la sorgente del fiume, lui eseguiva un movimento avvolgente alle loro spalle per tagliarli dai loro attendamenti. Andava per un po' avanti, e poi smontava da cavallo a riposarsi, facendosi ombra con un fazzoletto sul capo dal gran battere del sole, ma senza farsi rizzare una tenda perché il nemico non vedesse in ciò un segno di debolezza. Così continuò finché il nemico raggiunse la sorgente del fiume, e lui si fermò di fronte a loro su una collina dominante sino al calar della notte. Ordinò allora alle vittoriose sue truppe di passare la notte con le armi in pugno, e lui con noi del seguito si ritirò al sommo del colle, dove gli fu eretta una piccola tenda; e trascorremmo lì l'intera notte, io e il medico a curarlo e distrarlo, e lui ora dormiva ora si svegliava, sino allo spuntar del mattino. Suonata allora la tromba, montò a cavallo e dispose le truppe sì da accerchiare il nemico. Questo si ritirò sulle sue tende dalla parte occidentale lungo il fiume, fortemente premuto dai Musulmani per tutta quella giornata. Fu in quel giorno che, per farsi merito presso Dio, mandò innanzi i suoi figli al-Malik al-Afdal, al-Malik az-Zahir e al-Malik az-Zafir, con tutti gli altri presenti, e andò via via inviando al combattimento chi era con lui sino a che non gli rimase altri daccanto che io e il medico, l'ispettore dell'esercito e i paggi con le bandiere e gli orifiammi e null'altro, ma in modo che chi li vedeva di lontano poteva pensare che sotto quegli stendardi ci fosse gran nerbo di truppe. Il nemico continuò la sua marcia subendo gravi perdite: ogni caduto lo seppellivano, e ogni ferito lo trasportavano, sicché non si sapesse quanti erano i morti e i feriti. Marciarono sotto i nostri occhi, in condizioni sempre più precarie, e si arrestarono presso il ponte: fermatisi lì, i nostri disperarono di poterli attaccare efficacemente, perché i Franchi si erano concentrati fermandosi sì da poter fare grande difesa. Saladino restò al suo posto, e l'esercito in sella di fronte al nemico fino al cader del giorno: poi ordinò loro di passare quella notte come la precedente, e noi tornammo al posto della notte avanti e vi pernottammo allo stesso modo fino al mattino. In quel giorno, i nostri tornarono a incalzare il nemico come il giorno innanzi, e il nemico si rimise in marcia molestato da continue scaramucce finché si avvicinò alle sue tende, donde uscì loro incontro un rinforzo che li aiutò a rientrare al loro campo. Guardate a che estremo di pazienza e sforzo meritorio arrivò quell'uomo! Signore, tu gli ispirasti pazienza e sforzo, e in essi lo aiutasti: non lo privare della sua ricompensa, o il più misericorde dei misericordiosi!

Lo vidi quando gli giunse la notizia della morte di un suo figliuolo giovanetto, a nome Isma'il: egli lesse la lettera, e non ne fece parola con nessuno, tanto che risapemmo la cosa da altri, né ne trasparì in lui altro segno se non che, al leggere la notizia, gli si empirono gli occhi di lacrime. Lo vidi una notte a Safad da lui assediata, quando disse: "Stanotte non dormiremo, sinché non siano montate cinque catapulte". Ordinò per ogni catapulta una squadra che doveva provvedere a montarla, e passammo tutta la notte in servizio presso di lui, nel più piacevole trattenimento ed agio, mentre si susseguivano i rapporti sullo stato di montaggio delle catapulte, finché giunse il mattino che il lavoro era finito, e non restavano a montare che i "porci": ed era stata una delle notti più lunghe, fredde e piovose. Lo vidi quando gli giunse la notizia della morte di (suo nipote) Taqi ad-din, mentre fronteggiavamo i Franchi con un distaccamento leggero sotto Ramla: il nemico era a Yazùr, a distanza di non più d'una galoppata. Egli fece venire al-Malik al-'Adil, 'Alam ad-din Sulaimàn ibn Giandar, Sabiq ad-din ibn ad-Daya e 'Izz ad-din ibn al-Muqaddam, e ordinò che tutti gli altri fossero allontanati da presso la tenda alla distanza di un trar d'arco; poi cavò fuori la lettera, la lesse, e pianse forte tanto da far piangere anche i presenti che pur ne ignoravano il motivo. Disse infine, con la voce soffocata dalle lacrime: "È morto Taqi ad-din", e tornò forte a piangere, e piansero tutti. Io alfine mi ripresi e dissi: "Dio ci perdoni per questo nostro stato: considerate dove siete, e in che impresa impegnati; perciò lasciate questo, e passate ad altro". E il Sultano rispose "Sì, Dio ci perdoni", e ripeté più volte la frase, aggiungendo: "Nessuno sappia di ciò!" Chiese dell'acqua di rose, se ne lavò gli occhi, e fece venire il cibo e la gente, e nessuno seppe nulla dell'accaduto finché il nemico non fece ritorno a Giaffa, e noi a Natrùn, dove stavano i nostri bagagli.

Egli era fortemente affezionato e attaccato ai suoi figli bambini, eppure sopportava di separarsene, e si rassegnava ad averli da sé lontani, contento dei disagi di una vita infame mentre avrebbe potuto benissimo farne una diversa, per acquistarsi merito presso Dio e dedicarsi alla guerra santa contro i nemici di Dio. Dio mio, egli lasciò tutto questo per desiderio che tu fossi contento di lui, e Tu sii di lui contento, e abbine misericordia!

L'estratto è inserito in Storici arabi delle crociate, Baha ad-Din, il più attendibile biografo di Saladino. L'opera si propone di fornire il punto di vista islamico relativamente al clamoroso scontro che nel Medioevo oppose frontalmente il mondo cristiano a quello musulmano. Saladino è descritto come L'optimus princeps musulmano.


Sottofondo: Hisory repeat itself- Prince

Scrivere alla velocità dell'estensione del mezzo utilizzato...

Ogni sistema simbolico puٍò essere un mezzo potente di
organizzazione delle emozioni. Ci è provato dal ruolo che i
sistemi simbolici hanno svolto, come immagini, nella storia
della cultura; essi .sono connessi con le emozioni e sono
ampiamente impiegati nell'arte, nel teatro ecc. per
organizzare emozioni.

A. R. Lurila, The Nature of Human Conflicts, or Emouion,
Conflict and Will



Eyes wide mine, suddenly everything
Flies by fine, mind goes on holiday
In its stead, clicking along the curb
Clucking tongues how could they have the nerve

There is hardly a method you know

It's a broken poem, started up yesterday
And it came true now, mind was on holiday
It's an open road will we soon see the end
It's an open book, a story to tell the band

There is hardly a method you know

It's a storm faced cloud, hanging in dystrophy
It's a cold, base clown laughing at enemies
It's a rough wild world could you please chaperone
It's a mind field trip, oh leave it the fuck alone

This is hardly the method you know

There's a purple pain strangling yesterday
There's a purple stain spattered on interstates
It's an awkward stage grasping at anything
Cause it's lost the page
Can't find a word to say
But they want you to
Oh they want you to
Yes they want you too
Oh they want you, too

Broken plates on dirty highways
Pave the way for alien grace

There is hardly a method you know

2008/04/27

Topic: I me origini

Topic: I me origini


Mi sittaiu da me stanza pensannu che oggi nun ciaiu tcioppe cose ri fari… Damasco cu suli pare ancora kiu bedda, lu suli basa i case antiche e io m’innamoru sempre kiassai.

Ca in Syria a gente parra u dialetto chi nun è a stissa cosa re a lingua che scrivunu…

Chissa è a prima vota che provu a scrivere in sicilianu, aia ammittere chi trovu quacche difficoltà, me pare re mittere ansemmura arabu e sicirianu…

Vulissi parrare sicilianu ma ca nun è possibile e in Sicilia è a stissa cosa, pozzu parrari suru chi i vecchi o cu quacche amicu che ancora cunserva a tradizione.

Mi ricoddu che quann’era picciridda, ngasa mia nun era na cosa cioppu bedda parrare in dialettu, suru i gente miskine parravanu u dialetto…

Nun c’è chiu origine e tradizione, se pensa suru a parrari inglisi o italianu peffettu. C’ammu scurdatu Federicu secunnu e a scola siciriana, ciammu scurdatu quanta gente, na vota, scriviva i poesie in sicirianu…

Stefano Protonotaro, siciliano vissuto ai tempi de Regno delle due Sicilie, scrisse delle canzoni in siciliano puro, senza introdurre influenze toscane, di lui ci sono pervenute solo 3 canzoni.

Video dei Kunsertu "Cardamomo", siciliani "arabeschi", canta Feisal

2008/04/15

Il Tramonto di Beirut

Il Tramonto di Beirut

Beirut, festival del teatro.
Bev
o il secondo bicchiere di vino, mentre ascolto la babele linguistica che si è creata intorno a me.

It’s incredible how much Lebanese people look like Europeans. [___]

La notte è trascorsa perlopiù insonne: 3 a. m. nella casa andava avanti un convito capeggiato da una bottiglia di Araq. Inutilmente cercavo di dormire … while … il mio coinquilino cercava di convincermi quanto fosse inutile andare a dormire per poche ore.

Pensieri in dormiveglia viaggiavano disordinati per l’eccitazione di incontrare la Beirut che di piaghe antiche e nuove continua a sanguinare.

4.30 a.m. , qualcuno varca la soglia della camera, ermetico dormiveglia si svela tra ombre parlanti: mi trovo a rispondere a domande di cui non comprendo il senso, catapultata nel mondo reale ma allucinato di un dialogo tra un ubriaco e una sonnambula.

Il dialogo è suggerito dal senso di colpa di uno e dal sonno interrotto dell’altra.

- Manu sono ubriaco… parlavo col nazi e mi sono ubriacato, di nuovo, poi ci siamo trombati a vicenda…

- buon per te… dormivo, ma che ore sono?

-le 4 e 30, comunque scherzavo, magari lo avessi fatto selvaggiamente!

-L’ho sempre detto che in fondo sei un po’ gay…

-no, Manu, non mi frega niente del sesso…

-ecco adesso passi da un estremo all’altro…

- ho provato tutto nella mia vita, il sesso è già passato, ho sperimentato cose che non immagini…

-adesso mi sembri un vecchio, niente si ripropone nella stessa forma e sostanza, sembri quasi pronto a morire perché ormai saturo di esperienza…

Dopo mezz’ora di surreale conversazione, sono ormai troppo sveglia per ritornare tra le braccia di Morfeo. [___]

Beirut: ho appena svuotato il secondo bicchiere di vino. Tre tedeschi parlano tra di loro in una lingua a me sconosciuta, mentre io scrivo con pennarello rosso sul taccuino giallo, riempiendo pagine da destra a sinistra, in un mix ovattato di voci e volti per niente familiari.

Ieri un mio quasi amico è andato via con uno sconosciuto, dopo una serata trascorsa in un night club.

Il mio amico è stato picchiato e derubato.

Il mio amico è scioccato.

Stamane ripeteva che Beirut dovrebbe essere bombardata e rasa al suolo. Il mio amico è americano e anche iraniano.

Il mio amico è stato scaraventato fuori da una macchina in corsa.

Il mio amico è gay.

Piangeva sul ciglio della strada, inconsapevole di dove si trovasse. Un uomo lo ha raccolto e accompagnato a casa, l’uomo gli ripeteva di non piangere e il mio amico esplodeva di lacrime represse.

Il mio amico è gay.

È tornato a casa con i morsi di un vampiro sul collo e piangeva anche dalle ferite sanguinanti.

I tedeschi ipotizzano teorie sulla questione libanese in linguaggio criptico, mentre i libanesi sorseggiano vino francese, vestiti da europei.

“the sexalised images of Israel in the Arab Imaginary” è il nome di un video screening in programma.

Damasco sembra così lontana, neanche l’ombra di ejab nella sala, non donne con masochistici spilli che chiudono il velo sulla bocca, no islamic style nella sala, ma braccia nude e capigliature folte. Sono sicura di trovarmi in Medio Oriente?

Una nave americana si trova sulla costa libanese e tende di Hezbollah riempiono spazi vuoti attorno alla grande moschea.

Come scoprire cosa nasconde il contenitore?

Il mio amico gay vuole tornare in America, mentre una donna al botteghino dei libri, mi guarda e mi chiede da dove vengo e dove ho imparato l’arabo.

- Bi Sham (In Sham)- rispondo io.

Il suo naso si inclina e raggiunge la fossa adiacente alla bocca.

Il mio accento damasceno, in ogni caso, è ormai riconoscibile.

Mi giustifico con la scusa che la vita a Damasco è più economica, lei sorride, lasciando da parte le ostilità tra vicini di casa.

- Ahlan fi Beirut… (Benvenuta a Beirut)

Carri armati costeggiano le strade e soldati con fucili sostano davanti al luogo della morte di Hariri.

L’aria è umida, l’odore del mare fa dimenticare i proiettili sui muri delle case.

Un tassista ci porta sul mare, sembra felice, ci lascia il suo numero di telefono, gli stiamo simpatci, lo dimostra mischiando un po’ di italiano, francese, tedesco e arabo, scatenando una risata collettiva.

Il mare è calmo, un bambino e una donna danno la caccia ai granchi, tutti eccitati di racimolarne tanti e di diverse taglie. Per un attimo i conflitti sembrano scomparire tra le chele chiuse del crostaceo.

Il tramonto arriva su Beirut e il sole bacia il livello del mare, lo spettacolo mi ricorda che Beirut non è mai tramontata completamente, ogni giorno tramonta un po’ di più…

2008/04/11

Resti di un'antica città riemergono durante i lavori di ordinaria amministrazione a Damasco

Resti di un'antica città riemergono durante i lavori di ordinaria amministrazione a Damasco


E' notte e sto per rientrare a casa dopo una cena tra amici.
Mentre cerco di giostrare la mia andatura tra le varie fosse presenti sulla strada, a causa dei lavori per ristabilire i condotti dell'acqua, qualcosa a distanza attira particolarmente la mia attenzione. Bab Sharqi sembra essere ingombrata da grossi massi bianchi.
Mi avvicino al fossato e immediatamente capisco.
Mi volto verso il mio amico iraqeno, la sua bocca spalancata mi fa comprendere che non è una mia personale visione...
durante i lavori sono stati trovati i resti di un tempio!
leggende narrano di 7 città sotto l'odierna Damasco.
E' bastato scavare un pò per riportare alla luce queste colonne, che non riesco a capire se siano greche o romane e in giro non c'è alcun archeologo che possa delucidarmi qualcosa...
Le uniche presenze attorno alle pietre sono i lavoratori che continuano a sistemare i tubi e a usare il trattore per tirare su pesanti massi che rischiano di sbriciolarsi al contatto con la grande bocca dentata.
Stamattina il primo pensiero è stato quello di recarmi sul posto per capire un pò cosa ne sarà di queste rovine, ma al solito sono l'unica che tocca le pietre, che le fotografa, attirando l'attenzione dei negozianti.
Colgo subito l'occasione per chiedere cosa ne pensano. Mi rispondono che qualcuno la prossima settimana le porterà al museo per sistemarle e successivamente verranno esposte a Bab Sharqi dove sono state recuperate dal sottosuolo.
Nessun archeologo è presente, i commercianti sorridono e mi dicono che secondo loro le colonne sono romane e non greche e che sono sicuri che la città greca si trovo più in profondità, sorridono della mia curiosità e mi chiedono se voglio comprarmi una colonna, sorrido a mia volta e penso che prima della prossima settimana, parte delle pietre saranno portate via dai profani passanti... Intanto i lavoratori mi chiedono di essere fotografati e io li accontento...
Damasco è talmente piena di antichità che quasi nessuno se ne cura, il patrimonio archeologico passa in secondo piano, la precedenza va data agli scavi per i condotti delle acque.
Qualche giorno fa ho incontrato un'archeologa siciliana, precisamente di Vittoria una cittadina a 40 Km della mia, che lavora al museo per cercare di catalogare l'immenso patrimonio in surplus.
Riflettevo sulla questione iraqena su ciò che è successo ai musei iraqeni, al commercio dei ladri e usurpatori della storia che hanno svuotato l'Iraq della sua storia. Riflettevo su un sito archeologico nel deserto siriaco, che ho da poco visitato, Rasafa: un'immensa città che conserva i resti della civiltà assiro-babilonese, di quella bizantina, con la stupefacente Basilica di San Sergio ...un sito archeologico nel cuore del deserto, incustodito, lasciato a disposizione dei tombaroli che scavano indisturbati forniti di zappe primitive. Nessuno si cura di racimolare a scopo non lucroso, le miriadi di anfore, oggetti e dettagli della storia che regalano alla città un fascino unico:
un museo a cielo aperto, in cui il tempo sembra essersi fermato. Credo che l'osservare i resti di civiltà sul luogo e non in un museo sia più affascinante e più suggestivo che ritrovare i pezzi in vetrine nei musei. Mi chiedo se sia più sicuro custodire i resti della storia in musei o se questi debbano essere disponibili sul luogo, certo sarebbe opportuno per lo meno incaricare qualcuno di sorvegliare che nessuno sottragga parti del patrimonio sia dai musei che dai siti "a cielo aperto", come è successo in Iraq...
www.osservatorioiraq.it/old/modules/wfsection/article.php?articleid=620
http://radiogamma5.blogspot.com/2007/11/le-quotidiane-razzie-dei-siti.html

2008/04/03

Voglio vederti danzare
(foto Sheryl)


La sabbia del deserto è così fine e leggera che sembra non avere consistenza, delle volte è animata come da uno spirito che la solleva, facendola rotare. lo spettacolo di un tornado desta un respiro profondo e stupore, un'anima di sabbia che volteggia in un corpo unico di grannellini sottili che danzano indisturbati per nuovi orizzonti...