"A Reality on the world"

Esistono diversi tipi di realtà all'interno del nostro Mondo. Diversi punti di vista e contesti. Diversi sono i Paesi e i popoli. E certe storie regalano brezza lieve di nuova conoscenza. Là, dove non è possibile conoscere ogni angolo di questa Terra, è però possibile comunicare visioni e sfaccettature, a chi sarà interessato a leggerne le storie.

2008/07/29

Ancor che l'aigua per lo foco lassi

Ancor che l'aigua per lo foco lassi


Qualche tempo fa mio padre tornò a casa, tutto felice di aver recuperato foto antiche e stampe della città, di Caltagirone precisamente. Le propongo qui poichè mi sembra che la loro atmosfera rappresenti un pò, l'animo del poeta siculo che sto per presentarvi con questa canzone.

Guido delle Colonne era un giudice messinese, vissuto si pensa tra il 1210 e il 1280. Era uno dei rappresentanti della scuola di Federico II e della canzone provenzale.

la facoltà innovativa della scuola si sperimentava con la semplificazione della canzone provenzale, l'abolizione del binomio poesia-musica, l'invenzione del sonetto, che verrà presto assunto, attraverso i toscani, dalla lirica d'arte europea.

I moduli della poesia provenzale venivano resi in un volgare ricco di invettiva, che se tiene conto della parlata e dei costrutti dell'isola reca nondimeno un'ampia gamma di derivazioni: dalla lingua occitanica al francese, dagli idiomi della penisola, al latino.

le liriche della scuola siciliana non ci sono pervenute dai manoscritti originali, ma filtrate dalla copiatura trecentesca dei toscani.

sul piano dell'autenticità linguistica, la lirica federiciana più rappresentativa è quella di Stefano Protonotaro: Pir me u cori alligrari, trascritta in un documento pretoscano da un filologo del cinquecento Giovanni Maria Barbieri.

Tornando a Guido delle Colonne, il giudice messinese, di lui è rimasto un canzoniere di cinque componimenti in tutto. Fu anche molto stimato e ricordato da Dante che nel De Vulgari Eloquentia, lo nominò come lo Iudex Columpnis de Messana.


Propongo qui la canzone Ancor che l'aigua per lo foco lassi.

A voi il piacere di leggere e interpretare, questo gioiello del passato.


















Ancor che l'aigua per lo foco lassi
la sua grande freddura
non cangeria natura
s'alcun vasello in mezzo non vi stassi;
anzi averria senza lunga dimura
che lo foco astutassi,
o che l'aigua seccassi;
ma per lo mezzo l'uno e l'autra dura.
Cusì, gentil criatura,
in me à mostrato Amore
l'ardente suo valore:
che senza Amore er'aigua fredda e ghiaccia,
ma Amor m'à sì allumato
di foco che m'abraccia,
ch'eo fora consumato,
se voi, donna sovrana,
non fustici mezzana
infra l'Amore e meve,
ca fa lo foco nascere di neve.
Immagine di neve si pò diri
omo che no à sentore
d'amoroso calore:
ancor sia vivo, non si sa sbaudiri.
Amore è uno spirito d'ardore,
che non si pò vediri,
ma sol per li sospiri
si fa sentire in quello ch'è amadore.
Cusì, donna d'aunore,
lo meo gran sospirare
vi por[r]ia certa fare
de l'amorosa flamma, und'eo so involto;
e non so com'eo duro,
sì m'ave preso e tolto;
ma parm' esser siguro
che molti altri amanti,
per amor tutti quanti,
funo perduti a morti,
che non amaro quant'eo, nè sì forti.
Eo v'amo tanto, che mille fiate
in un'or mi s'arranca
lo spirito che manca,
pensando, donna, la vostra beltate.
E lo disio c'ò lo cor m'abranca,
crescemi volontate,
mettemi 'n tempestate
ogni penseri, chè mai non si stanca.
O colorita e blanca
gioia, de lo meo bene
speranza mi mantene;
e s'eo languisco non posso morire,
ca, mentre viva sete,
eo non por[r]ia fallire,
ancor che fame e sete
lo corpo meo tormenti;
ma, sol ch'eo tegna menti
vostra gaia persona,
obbrio la morte, tal forza mi dona.
Eo non credo sia quel[lo] ch'avia,
lo spirito che porto,
ched eo fora già morto,
tant'ò passato male tuttavia;
lo spirito chi aggio, und'eo mi sporto,
credo lo vostro sia,
che nel meo petto stia
e abiti con meco in gioi e diporto.
Or mi son bene accorto,
quando da voi mi venni,
che, quando mente tenni
vostro amoroso viso netto e chiaro,
li vostri occhi piagenti
allora m'addobraro,
che mi tennero menti
e diedermi nascoso
uno spirto amoroso,
ch'assai mi fa più amare
che no[n] amò null'altro, ciò mi pare.
La calamita, contano i saccenti
che trar[r]e non por[r]ia
lo ferro per maestria,
se no che l'aire in mezzo lu consenti;
ancor che calamita petra sia,
l'altre petre neenti
non son cusì potenti
a traier, perchè non n'àno bailìa.
Così, madonna mia,
l'Amor s'è apperceputo
che non m'avria potuto
traer a sè, se non fusse per vui.
E sì son donne assai,
m'àno nulla per cui
eo mi movesse mai,
se non per voi, piagente,
in cui è fermamente
la forza e la vertuti.
Addonque prego l'Amor che m'aiuti.